Eppure quella vita mi faceva schifo. Era squallida, monotona, inconcludente. Era tutto quello che non volevo, eppure sembrava fosse quello che mi meritassi.
Sono sempre stata bravissima a fuggire e credevo di aver trovato la via d'uscita definitiva. Invece i problemi mi rincorrevano veloci, sempre più veloci, sempre più arrabbiati e vendicativi. Come Luca quella sera, deciso a farmela pagare per essere andata via, per averlo lasciato in balia della sua stupidità, o di qualsiasi altra cosa.
Il copione non cambiava mai: mentre ero lì, come una bambola nelle sue mani, combattevo con la voglia di farlo mio e con il pensiero di G.
G. era riapparso poco tempo prima, come suo solito improvvisamente. L'avevo cercato per giorni e giorni dopo essere tornata, ma sembrava nascosto chissà dove.
Poi eccolo: magrissimo, con i capelli più ricci e lunghi, la barba appena accennata, gli occhi sembravano quasi nascosti. Niente più pantaloni attillati, scarpe eleganti, brutte camicie. Sembrava un normalissimo ragazzo di diciannove anni. Tutto ciò che amavo di lui non lo vedevo più. Eppure era la stessa persona.
Il mio cuore smise di battere nel momento stesso della sua apparizione. Riusciva a fermare il mio mondo e scombussolarlo totalmente.
Tutto ciò che avevo immaginato in quei lunghi mesi era ormai distrutto, proprio come il mio cuore, che giorno dopo giorno si riduceva in pezzi sempre più piccoli. Avvertivo la pesantezza e il rumore di quei cocci. La sentivo soprattutto il momento che Luca mi prese in braccio, tenendo le mani ben ancorate al mio sedere, e cominciò a camminare sulla spiaggia morbida, facendo attenzione a non inciampare. Eppure io volevo cadere, cadere giù e sprofondare nella sabbia. Sempre più giù, come se fosse possibile, come se me lo meritassi. Volevo staccarmi da quell'abbraccio demoniaco perché non era di quello che avevo bisogno, non era quello che volevo. Cosa volevo? Di cosa avevo bisogno?
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